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Prevenzione

 -  LILT

L’obiettivo principale della LILT è di sconfiggere i tumori attraverso la prevenzione. La prevenzione è un insieme di azioni che hanno lo scopo di impedire o di ridurre il rischio che un determinato evento dannoso si verifichi.

Possiamo distinguere la prevenzione in:

- primaria, che consiste nell’individuare i fattori di rischio che possono causare l’inizio della malattia e nella loro riduzione o eliminazione. La prevenzione primaria si attua attraverso l’educazione sanitaria ed una corretta informazione (sana alimentazione, attività fisica, lotta al tabagismo ed alla cancerogenesi ambientale e professionale).

- secondaria, che consiste nella diagnosi precoce, cioè in esami volti a individuare formazioni pretumorali o tumori allo stadio iniziale, aumentando così notevolmente la possibilità di completa guarigione e di ricorrere a cure meno aggressive.

Attualmente, esistono tre programmi di screening oncologici che, sulla base dei risultati di ricerche epidemiologiche, sono risultati efficaci nel ridurre il tasso di mortalità e sono lo screening per il tumore della mammella, del colon-retto e della cervice uterina (consulta le diverse sezioni della pagina: potrai anche scaricare gli opuscoli in formato pdf!). Se ognuno di noi iniziasse ad adottare degli stili di vita corretti e si sottoponesse periodicamente ad opportuni controlli clinico-strumentali, solo in Italia, ogni anno, si potrebbero salvare dal cancro moltissime vite, stimate in oltre 80.000.

La LILT promuove 4 campagne nazionali di sensibilizzazione ed informazione:
- Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica (Marzo)
- Giornata Mondiale senza Tabacco (Maggio)
- Campagna Nastro Rosa (Ottobre)
- Stati Generali del Malato Oncologico (Novembre), a cadenza biennale.

Tumore della mammella

Tumore della mammella -  LILT

Rappresenta il tumore più frequente nella donna e la sua incidenza è particolarmente elevata nei Paesi ad economia più avanzata. Occorre fare una necessaria distinzione tra carcinoma invasivo, cioè in grado di infiltrare i tessuti circostanti e di poter eventualmente dare luogo a metastasi, e carcinoma in situ, che non è in grado di sviluppare metastasi.
In Italia, una donna su 10 si ammala di tumore della mammella. Da circa un ventennio si sta registrando nei Paesi industrializzati una riduzione della mortalità. E’ auspicabile che per il futuro questa situazione migliorerà, con ulteriore incremento della sopravvivenza, grazie alla diffusione dei centri di diagnosi e cura specializzati, omogeneamente distribuiti su tutto il territorio nazionale.


Fattori di rischio
Il più importante fattore di rischio per il carcinoma della mammella è rappresentato dall’età. Il rischio di ammalarsi aumenta esponenzialmente fin verso i 50 anni, quindi subisce una pausa, o addirittura una lieve diminuzione, per poi riprendere a crescere, ma con un tasso inferiore, dopo l’età della menopausa. Esiste una stretta correlazione tra l’insorgenza del tumore mammario e gli ormoni femminili. Infatti, la prima gravidanza precoce e l’allattamento riducono il rischio, che aumenta in caso di prima mestruazione in età precoce (prima degli 11 anni) e/o menopausa tardiva (oltre i 55 anni), o per effetto della terapia ormonale sostitutiva con associazioni di estrogeni e progestinici, se protratta per più di 5 anni. Il rischio, inoltre, aumenta in caso di parenti di I grado con tumore della mammella e/o dell’ovaio, soprattutto se in età giovanile, obesità dopo la menopausa, eccessivo consumo di alcol ed eventuale diagnosi di iperplasia atipica. Altri fattori di rischio riconosciuti sono: un secondo tumore alla stessa o nell’altra mammella, le radiazioni ionizzanti, fattori genetici, mentre il ruolo di una dieta ricca di grassi (saturi) è ancora oggetto di notevoli controversie. In rari casi sono coinvolti alcuni fattori genetici.

Prevenzione
Attualmente, per il carcinoma della mammella non c’è ancora una reale prevenzione primaria, cioè riguardante l’individuazione e la rimozione delle cause che producono il tumore stesso. Sembra che un’adeguata attività fisica svolga un ruolo protettivo e, nonostante alcuni aspetti della dieta non siano ancora chiari, è consigliabile comunque un maggiore consumo di verdure e frutta fresca. La prevenzione secondaria è rappresentata dalla diagnosi precoce. La scoperta di un tumore (in genere con la mammografia e l’ecografia) nella sua fase iniziale permette una cura meno aggressiva ed offre maggiori possibilità di guarigione. Studi sull’utilizzo di farmaci per la prevenzione (farmacoprevenzione) sono in una fase avanzata di sviluppo e vengono utilizzati prevalentemente, per ora, allo scopo di ridurre il rischio di insorgenza di un secondo tumore mammario.

Diagnosi precoce
E’ importante che tutte le donne imparino ad eseguire periodicamente l’autopalpazione fin dall’età giovanile. A partire dai 40 anni di età rivolgersi al proprio medico di fiducia o ad uno specialista esperto in senologia per sottoporsi ad una visita clinica senologica. L’ecografia mammaria, nonostante l’evoluzione tecnologica, non deve essere utilizzata come unico test per la diagnosi precoce dei tumori della mammella non palpabili. In alcuni casi, può essere indicato eseguire un’ecografia anche prima dei 40 anni. Allo stato attuale delle conoscenze, quindi, salvo casi particolari (es. mammelle dense delle giovani donne, donne che non abbiano allattato), è consigliabile che l’ecografia sia utilizzata in associazione alla mammografia, ogni qualvolta questa non risulti conclusiva. La mammografia permette di individuare il tumore in una fase molto precoce, prima ancora di diventare palpabile. Per questo motivo la mammografia è attualmente l’unica tecnica che possa essere utilizzata come test di base in un programma di screening e alla quale non si deve mai rinunciare nel caso di sospetto carcinoma, qualunque sia l’età della donna. I moderni mammografi emettono dosi molto basse di raggi X, con rischi quasi nulli per la salute. Il Servizio Sanitario Nazionale, attraverso le Regioni, garantisce a tutte le donne tra i 45-50 e 69 anni (fascia d’età a maggior rischio) l’esecuzione di una mammografia gratuita ogni due anni. In molte aree del territorio nazionale sono presenti “programmi di screening” con l’invio di una lettera di invito ad effettuare la mammografia (e gli eventuali necessari approfondimenti) ogni due anni per le donne nella fascia di età 50-69 anni. È attualmente in fase di studio l’estensione dello screening alle donne di età compresa fra i 45-50 anni ed alle donne di età superiore ai 69 anni. La LILT auspica che i programmi di screening siano estesi con cadenza annuale, anche a partire dai 40 anni di età.
E’ sempre di fondamentale importanza effettuare l’autopalpazione con cadenza mensile in attesa di eseguire l’esame successivo (mammografia o ecografia), facendo attenzione ad eventuali cambiamenti: modificazioni della grandezza o della forma dei seni o presenza di arrossamento, retrazione della cute o del capezzolo, secrezione di liquido dal capezzolo, noduli o aumento di consistenza di una parte del seno, comparsa di un nodulo in sede ascellare. In generale, il tumore della mammella non provoca dolore. Nel caso la donna si accorga di un cambiamento dei propri seni è opportuno che richieda un controllo da parte del proprio medico e/o di uno specialista.

                                                  a cura del Dr. Vincenzo Catalano
       

Tumore del colon-retto

Tumore del colon-retto -  LILT

Il carcinoma del colon-retto è una delle principali cause di mortalità per tumore in tutti i Paesi occidentali. In Italia, rappresenta la seconda causa di morte per tumore nell’insieme dei due sessi. In Italia, ogni anno 34.000 persone si ammalano di un carcinoma colorettale e 17.000 muoiono per questa malattia. L’incidenza è elevata nei Paesi ad alto sviluppo economico e di conseguenza si ritiene che il rischio sia associato ad una dieta ricca di grassi, proteine, calorie, alcol e carne, ma povera di fibre, calcio e folati.

Fattori di rischio
I tumori colorettali presentano, sotto il profilo del rischio, almeno tre caratteristiche di grande interesse:


1) Fattori di rischio ambientale, prevalentemente di natura alimentare. Tra questi, i più documentati sono il sovrappeso, l’obesità, una dieta ipercalorica, l'eccessivo consumo di alcool, il consumo di grassi animali e carni rosse. Un’alimentazione ricca di vegetali sembra svolgere un ruolo protettivo. Molto controverso è il ruolo del fumo di tabacco, mentre vi è accordo unanime sulla funzione protettiva dell’attività fisica, indipendentemente dal peso corporeo.


2) Lesioni precancerose, gli adenomi, che sono i precursori biologici della maggior parte dei carcinomi colorettali. La sequenza ADENOMA-CARCINOMA è ormai confermata, oltre che sotto il duplice profilo morfologico e clinico, anche da osservazioni biomolecolari. L'importanza della sequenza adenoma-carcinoma è intuitiva. Essendo i polipi facilmente asportabili mediante la colonscopia, è teoricamente possibile interrompere questa sequenza, limitando lo sviluppo di un tumore maligno, attraverso periodi controlli endoscopici nei soggetti a rischio. La storia familiare di tumori intestinali e particolari condizioni cliniche, come le malattie infiammatorie croniche dell'intestino (rettocolite ulcerosa, morbo di Crohn), aumentano il rischio di tumore del colon-retto.

3) Fattori familiari ed ereditari, che determinano l’origine sicuramente genetica di due tipi di tumore colorettale, che sono il cancro derivante dalla poliposi familiare ed il cancro colorettale ereditario non associato a poliposi. Il rischio di questo tumore (come in altri), dopo i 40 anni aumenta con l’età.

Prevenzione
Seguire una dieta bilanciata ricca di verdure e frutta fresca, limitata nella carne, povera di grassi, sale e conservanti contenenti nitrati. È determinante l’endoscopia, che attraverso la semplice rimozione dei polipi durante l'esecuzione dell'esame può evitare l’insorgenza del cancro.

Diagnosi precoce
Dopo i 50 anni effettuare con cadenza biennale il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci e, in caso di positività, la colonscopia. Nei casi di storia familiare di tumori o polipi del colon-retto è quanto mai opportuno fin dalla giovane età (dai 40 anni in poi) rivolgersi a specialisti in gastroenterologia per controlli ed esami endoscopici periodici. La ricerca del sangue occulto nelle feci consiste nel verificare la presenza o meno di sangue nelle feci, invisibile a occhio nudo. L'esame va fatto anche in assenza di disturbi, perché i tumori del colonretto spesso non danno alcun disturbo per anni. Uno dei segni più precoci di un tumore o di un polipo intestinale è però proprio il sanguinamento, invisibile a occhio nudo, anche diversi anni prima della comparsa di qualsiasi altro sintomo. Se l’esame risulta negativo, il test può essere ripetuto dopo 2 anni. Se l'esame risulta positivo, questo non indica necessariamente la presenza di tumori o polipi intestinali. In tutti i casi di positività, è necessario un approfondimento con colonscopia. Tale esame viene realizzato attraverso uno strumento flessibile (l'endoscopio) che, introdotto dall’ano, permette di esaminare la superficie interna dell’ultima parte dell’intestino e di asportare eventuali polipi. Perché riesca bene, occorre una buona pulizia intestinale. Sono in corso studi per l’utilizzo di altri test come la colonscopia virtuale (esame del colon basato su tecniche radiologiche) o l'analisi molecolare di alterazioni geniche nelle cellule di esfoliazione del colon presenti nelle feci. Questi metodi, però, sono al momento oggetto soprattutto di ricerca scientifica.

                                                      a cura del Dr. Vincenzo Catalano

Tumore della cervice uterina

Tumore della cervice uterina -  LILT

In Italia, il carcinoma del collo dell’utero è al quinto posto per numero di casi/anno dopo il tumore della mammella, del colon retto, del polmone e dell’endometrio, con circa 3.500 nuovi casi. In generale, tuttavia, mentre nei Paesi industrializzati è relativamente raro, grazie alla diffusione del Pap test, in molti Paesi in via di sviluppo è al primo posto per incidenza, nella fascia di età compresa tra i 35 e i 45 anni.

Fattori di rischio
Il tumore della cervice uterina è preceduto nel tempo da alterazioni del tessuto di rivestimento interno (epitelio), chiamate displasie. Alcune displasie possono regredire spontaneamente o restare stabili senza provocare danni all’organismo, mentre una piccola parte di esse può trasformarsi in un tumore vero e proprio, impiegando circa 10-15 anni.
E’ oramai noto che la causa necessaria, ma non sufficiente, per sviluppare il tumore del collo dell’utero è l’infezione persistente da parte di alcuni tipi di virus denominati Papillomavirus (o HPV), di cui si conoscono 100 tipi e dei quali almeno 80 possono infettare l’uomo. Sono virus a prevalente trasmissione sessuale molto diffusi tra le donne, in prevalenza tra le fasce di età più giovani (in Europa un’alta percentuale delle ragazze tra i 15 e i 17 anni è già venuta in contatto con il virus), dove però ha più spesso (nell’80% dei casi) un carattere transitorio e un’evoluzione favorevole (cioè l’infezione regredisce spontaneamente). Quando l’infezione da HPV scompare, anche il rischio scompare.
Tuttavia, in presenza di altre condizioni predisponenti che sono solo in parte conosciute (esempio scarsa igiene intima, attività sessuale precoce, partner numerosi, fumo di sigaretta, uso prolungato di contraccettivi orali, HIV, immunodepressione, ecc.), l’infezione da HPV può provocare nell’epitelio la trasformazione tumorale. In caso di infezione persistente da HPV il tempo che intercorre tra l’infezione e l’insorgenza del carcinoma può raggiungere anche i 15-20 anni. È importante, inoltre, sapere che molte persone che contraggono l’infezione da HPV non presentano segni clinici e non hanno sintomi e, quindi, possono trasmettere il virus a loro insaputa.

Prevenzione
Solo l’esecuzione del PAP test permette di individuare la stragrande maggioranza dei tumori del collo dell’utero in fase iniziale. L’esame clinico ginecologico (comprensivo dell’osservazione “a occhio nudo” della cervice attraverso l’esame con lo speculum) è positivo solo nei casi di carcinomi ben evidenti ed in stadio avanzato. In presenza di anormalità cellulari riscontrate al PAP test è necessario eseguire un esame chiamato “colposcopia”, nel corso del quale è possibile effettuare prelievi citologici e/o bioptici (cioè, prelievi di cellule e/o frammenti di tessuto), ed eseguire eventualmente anche l’HPV test, un esame di biologia molecolare in grado di identificare il DNA di alcuni sottotipi virali maggiormente responsabili dell’insorgenza del tumore.

Diagnosi precoce
In alcuni casi il tumore della cervice uterina si può manifestare con piccole perdite vaginali di sangue, in particolare dopo un rapporto sessuale. Tuttavia il tumore, soprattutto nelle fasi iniziali, è frequentemente asintomatico. Pertanto il PAP test, associato eventualmente alla visita ginecologica, rimane lo strumento più efficace per una corretta diagnosi precoce.
Come detto in precedenza, l’esame ginecologico è in grado di osservare tumori francamente evidenti.

Chi deve sottoporsi periodicamente all’esecuzione del Pap test?
In base ai programmi di screening attivi sul nostro territorio nazionale, tutte le donne a partire dai 25 anni di età e sino al 64° anno ogni 3 anni. Nelle donne più giovani le linee guida americane consigliano di datare il primo controllo entro 3 anni dall’inizio dei rapporti sessuali.

Cos’è il Pap test?
È un esame semplice e non doloroso. Si esegue prelevando con una spatola e uno spazzolino il materiale presente sul collo dell’utero, che viene “strisciato” e fissato su un vetrino e quindi analizzato in laboratorio. Perché riesca al meglio, il test va eseguito: ad almeno tre giorni dalla fine delle mestruazioni e in assenza di perdite di sangue; astenendosi da rapporti sessuali nei due giorni prima dell'esame; evitando ovuli, creme o lavande vaginali nei tre giorni precedenti il test.

Attualmente disponiamo anche di un vaccino diretto contro l’HPV (tipo 16 e 18). Il programma vaccinale è gratuito, programmato dal Ministero della Salute, ed è diretto alle adolescenti di 12 anni di età. Per le altre fasce di età ci si può rivolgere alla ASL di competenza e, comunque, la vaccinazione è autorizzata fino al 26° anno di età.

                                                       a cura del Dr. Vincenzo Catalano

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